La pinza è un dolce tipico del Veneto e Friuli Venezia Giulia, esiste in molte versioni (da un paese all’altro si possono notare le differenze), io propongo quella che di solito si trova nei panifici della mia zona già in questi giorni fino all’Epifania.
Ingredienti:
250g di farina per polenta gialla
50g di semi di finocchio
250g di latte di soia
250g di acqua
80g di olio di semi
120g di zucchero
150g di noci e mandorle a pezzetti e pinoli interi
100g di uvetta
6 fichi secchi
1 bustina di lievito per dolci
30g di arancia candita
4 gocce di olio essenziale di arance
4 gocce di olio essenziale di limone
un cucchiaino di vaniglia in polvere
un cucchiaino di sale
farina bianca q.b.
Procedimento:
Prima di tutto mettiamo in ammollo uvetta e fichi (che poi taglieremo a pezzi), in un altro recipiente mettiamo a bagno i semi di finocchio con l’acqua che utilizzeremo. In un recipiente capiente iniziamo a raccogliere gli ingredienti iniziando dalla farina gialla, lo zucchero, poi latte, acqua (con i semi di finocchio), olio, vaniglia, sale e oli essenziali (o succo e scorze grattuggiate di agrumi).
Tritare le noci e le mandorle a pezzi abbastanza grossolani, unire quindi il tutto a pinoli, uvetta, canditi e fichi tagliati al precedente impasto, se dovesse risultare eccessivamente liquido (in questo caso la frutta finirebbe sul fondo), aggiustare con farina bianca, l’impasto deve rimanere cremoso, ma non troppo e non troppo liquido, in pratica i semi non devono galleggiare e la farina di mais con la frutta non devono sprofondare.
Aggiungere il lievito in polvere, spostare tutto su una pirofila da forno (rigorosamente rettangolare) e infornare a 160° per almeno 30 minuti, poi verificare di tanto in tanto la cottura che dipenderà dallo spessore, potrebbe servire anche un’ora.
Ho provato anche a variare la frutta, aggiungendo prugne, albicocche, ananas candito, ecc… la tradizionale è quella descritta, ma si presta bene anche alle altre varianti.
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Renata Balducci, presidente di Associazione Vegani Italiani e fondatrice di Veganblog
confermo, ti sposti da un paese all’altro e le ricette cambiano…ma uno quando la mangia dice sempre, invariabilmente “pinza! bbbbuooonaaaa!!!”, heheh..
io vivo nell’entroterra venexiano e qui la pinza, ad esempio, si fa col pane raffermo ammollato nel latte quindi in forno ci deve stare anche un’ora e mezza perchè a seccarsi ci mette una vita! …e questo è un ottimo pretesto per farne tanta, tanta ma proprio tanta quando la si fa!! 😉
pensa che ho trovata anche posti dove la fanno senza semi di finocchio! sacrilegio!!!
ciaaaoooo ^__^
Buona!
Fantastica!!! la farina di mais nei dolci è divina 🙂 proverò a farla sicuramente 🙂
Mio Dio, non l’ho mai provata…ma la mia adorazione per questo tipo di dolci è totale anche se personalmente ometterei i canditi che mi stuccano. La prossima volta che bazzico l’est italia ne vado in cerca! Bellissima ricetta!
Buonissima! Questa pinza non l’ho mai assaggiata! Io conosco (e la faccio sempre) la pinza triestina che si mangia per Pasqua nel triestino e anche in bisiacaria e che è tutta divera dalla tua. La tua pinza mi ricorda un dolce della Val di Resia (che, però, ha anche le mele e la farina di segale nell’impasto) che mi sembra si chiami “budjanik” o qualcosa di simile. Tu di dove sei? Io abito a Grado, però “son bisiaca” 😉
Una curiosità: le dimensioni della pirofila che hai usato quali sono?
Sembra un po’ il pandolce genovese…senza fichi e farina gialla! Mi incuriosisce il nome pinza…chiissà da cosa deriva… E’ comunque una ricetta da provare!!! 🙂
Adoro questo genere di dolci!!!!!!
grazie a tutti!
@Marta… vero senza finocchio è solo una torta di mais 🙂
@Gnubby cercala adesso perchè dopo l’Epifania non si trova più!
@Tamara siamo vicine! io sto tra Latisana e Lignano(tra casa e lavoro)… la pinza triestina l’avevo vista in qualche foto sul web, ma mai assaggiata, ed è veramente tutta un’altra cosa.
@Felicia per la foto di questa pinza ho esagerato un po’ con l’imbottitura e ho dovuto utilizzare una pirofila più grande, con le dosi qui sopra 20×30 dovrebbe bastare, così avresti uno spessore finale di 4 centimetri, in lievitazione aumenta di 1/3 circa.
@Luu, sai che non so da dove derivi il nome? mi devo informare!
Che buona la pinza! La mangiavo a Padova i primo anni di Università! Bellissima idea! 🙂
che foto..e che ricettina.. brava!
é un dolce molto ricco, chissà che buono!
buonaaaa
Molto bella la foto, e sulla bontà della ricetta non ho il minimo dubbio. Tutti ingredienti ottimi, speriamo di capitare dalle tue parti prima o poi.
Che bontà!
è il tipo di dolce che mi piace tantissimo. Brava. 😛
Adoro la pinza veneta!!! anche io la faccio ogni tanto, proverò anche questa versione perchè mi ispira tantissimo!! 🙂
mayda, l’ho fatta ieri sera con la tua ricetta…è venuta divina! davvero, perfette le dosi, perfetti gli equilibri…unica variante ho usato lo spumador (quello della fugassa) come insaporitore al posto dell’essenza di limone e arancia! buona davvero, grazie ^__^
grazie ancora!
Marta mi ha fatto molto piacere saperlo!
a proposito della domanda sul nome, “pinza” sta per “pizza”.
http://www.culturagiuliana.com/pdf/nz_pinza.pdf
http://it.wikipedia.org/wiki/Pinza_%28dolce%29
comunque domani provo a farla.