Avevo un’anguria in casa e avevo voglia di qualcosa di dolce ma che mantenesse il gusto dell’anguria.
Ingredienti:
- 1 l. di succo di anguria
- 100 gr. di zucchero di canna
- 80 gr. di amido di mais
Tempo di preparazione: 40 minuti (oltre al tempo di riposo in frigorifero)
Difficoltà: *
Preparazione: tagliate e sbucciate l’anguria, togliete tutti i semi e frullate la polpa. Scolate il frullato in modo da separare solo il succo. Sciogliete in poco succo lo zucchero e l’amido di mais facendo attenzione ad eliminare tutti i grumi. Unite il succo restante, una spolverata di cannella, mescolate e mettere sul fuoco in un pentolino. Tenetelo sulla fiamma a fuoco basso fino a quando non comincerà a bollire.
Sarebbe bene arrivare al massimo a 90° per i motivi che spiegherò più avanti ma, se non si dispone di un termometro adatto, basterà spegnere non appena comincia a bollire.
A questo punto, versate la gelatina nelle coppette o negli stampini e mettetela in frigo a raffreddarsi e solidificarsi; basteranno poche ore.
Servite con una spolverata di cannella o al naturale.
Note: con queste dosi vengono circa 10 porzioni come quelle della fotografia.
Per ottenere il succo di anguria si può utilizzare anche un passapomodoro; in questo caso non è necessario eliminare i semi che non passeranno attraverso i fori del passapomodoro e verranno automaticamente separati. In alternativa, per fare ancora più alla svelta, si può usare una centrifuga (come ho fatto io); siccome però la centrifuga tende a sprecare un po’ di succo, recuperate quel succo filtrandolo in modo da eliminare i semi.
Come si può vedere dalla fotografia, ho versato la gelatina negli stampini di silicone, mi sembra che facciano un bell’effetto.
Il “gelu di muluni”, o, italianizzato, il “gelo di mellone” (con due elle) è un dolce estivo tipicamente siciliano, ma principalmente palermitano. Un tempo, era considerato un dolce povero, ma molto in voga durante il festino di Santa Rosalia, patrona palermitana.
Può essere guarnito con altra cannella in polvere oppure con granella di pistacchio non salato e/o con scaglie di cioccolato fondente.
Se li avete, è tradizione aromatizzare il gelo di mellone con dei fiori di gelsomino (biologici e non cresciuti vicino a fonti di inquinamento), utilizzando poca acqua o una parte del succo per macerare qualche ora una manciata di fiori e aggiungere l’infuso al resto del succo, meglio se verso la fine della gelificazione per mantenerne l’aroma.
Io non avevo nessuno di questi ingredienti e l’ho mangiato sia al naturale che con una spolverata di cannella; è molto buono anche così.
I Siciliani e soprattutto i Palermitani vorranno essere indulgenti con me perdonandomi eventuali errori e magari segnalandomeli così che io possa correggerli.
Attenzione: la parte che segue può risultare molto noiosa, siete avvertiti! 🙂
Divagazioni: curiosando su internet, oltre a questa ricetta (che ho trovato in versioni diverse ma molto simili tra loro) e ad alcune delle informazioni riportate sopra, ho trovato anche alcune informazioni di “cucina molecolare” intesa come quella disciplina scientifica che insegna a comprendere i meccanismi che stanno alla base delle trasformazioni che avvengono negli alimenti durante la loro preparazione. In altre parole, la gastronomia molecolare può essere utilizzata come scienza applicata in cucina, non per inventare un nuovo modo di cucinare, ma per comprendere meglio i fenomeni fisico chimici che avvengono durante la preparazione dei piatti, di spiegarli scientificamente, e di sfruttare queste conoscenze per migliorare la qualità delle preparazioni.
Ecco dunque alcune interessanti (secondo me) informazioni che ho trovato sulle gelatine.
Da bambini ci avevano insegnato che la materia si può presentare in forma solida, liquida o gassosa. Come classificare quindi la gelatina?
Si è fatta strada una nuova categoria, la materia soffice. Molti cibi ricadono in questa categoria e si è addirittura sviluppato un intero campo di studi per indagare le proprietà dei materiali che hanno proprietà intermedie tra le fasi “classiche” della materia.
Molti di questi studi si concentrano sui gel, materiali che possiedono proprietà a metà strada tra i liquidi e i solidi. Il primo gel scoperto e utilizzato in gastronomia è stata la gelatina, dove una rete tridimensionale di collagene (una proteina) intrappola e immobilizza un grande volume di acqua. Altre sostanze si possono comportare in modo simile, ad esempio gli amidi, e formare un gel se disciolti in acqua e riscaldati ad una certa temperatura (il termine gelatina viene riservato al gel formato dal collagene).
Gli amidi sono lunghe catene composte da molecole di glucosio, uno zucchero semplice. Se la catena è solo una linea senza ramificazioni, si chiama amilosio (se presenta ramificazioni laterali, invece, si chiama amilopectina). Queste due molecole hanno proprietà diverse e si trovano, in percentuali differenti, nelle polveri estratte dai vari vegetali. Inoltre le catene non hanno tutte la stessa lunghezza, anche questo parametro dipende dal vegetale di provenienza.
L’amilopectina è un polimero del glucosio, altamente ramificato, presente nelle piante. È una delle due componenti dell’amido (l’altra è l’amilosio), ed costituito dall’alfa-D-glucopiranosio.
Le componenti monosaccaridiche (glucosidi sono legate in modo lineare tra loro per mezzo di legami di tipo alfa(1->4); le ramificazioni avvengono con legami di tipo alfa(1->6), ogni 24-30 unità di glucosio. Nell’amilopectina, il numero di molecole di glucosio presenti può variare da 2.000 a 200.000.
L’idrolisi dell’ amilopectina che avviene, tra l’altro, nel processo della germinazione del seme, comporta la dissoluzione dei legami alfa(1->4) ad opera degli enzimi alfa e beta-amilasi e la conseguente produzione di destrine (segmenti più piccoli contenenti legami di tipo (1->6) che verranno successivamente attaccate da altri enzimi detti destrinasi. Il risultato di ciò, che avviene unitamente alla degradazione dell’amilosio, sarà la frammentazione di tutto l’amido in unità più piccole, maltosio e glucosio. Il grado di metilazione delle pectine tende a diminuire con la fase di maturazione esempio del frutto. La stabilità dei gel delle pectina è ricollegata in primo luogo al grado di metilazione delle pectine, alla presenza dei legami a idrogeno che stabilizzano la struttura cristallina. Le catene polimeriche sono in grado infatti di trattenere tra le maglie della struttura cristallina acqua e altre sostanze che determinano la stabilità del gel.
La formula bruta o molecolare dell’amilopectina è: (C6H10O5)n
Questa è la sua struttura:
L’amilosio, invece, è uno zucchero polisaccaride che deriva dall’unione di centinaia di molecole di alfa-D(+)-glucosio (solitamente da 300 a 3000) ed è uno dei componenti dell’amido (l’altro è l’amilopectina).
Il legame tra due unità adiacenti si forma tra l’atomo di carbonio n°1 e il n°4 delle due molecole di glucosio con l’eliminazione di una molecola d’acqua; l’amilosio ha quindi struttura lineare. Il contenuto in amilosio di un cibo è un indice del livello di retrogradazione dell’amido subito dall’alimento, fenomeno al quale è legato il noto processo di raffermamento.
L’amilosio ha la stessa formula bruta o molecolare dell’amilopectina: (C6H10O5)n
La sua struttura è però diversa:
Se cerchiamo di sciogliere un pizzico di queste polveri in un bicchiere d’acqua fredda, noteremo che non si riesce. Mescolando il liquido diventa torbido ma poco dopo si deposita sul fondo, questo perché gli amidi sono insolubili in acqua (si sciolgono invece in bocca perché la saliva oltre all’acqua contiene la ptialina in grado di rompere i legami delle catene, fino a liberare le molecole di zucchero).
A temperature elevate però si comportano diversamente; infatti, se scaldiamo l’acqua in cui abbiamo versato gli amidi, succederà quanto descritto sopra, cioè si addenseranno fino a formare un gel di amidi (le temperature del calore dipendono ancora una volta dal tipo di amido usato).
Cosa è accaduto? Le catene, sotto l’azione del calore, hanno assorbito acqua e si sono srotolate, fino a legarsi le une con le altre formando la trama di un tessuto che ha conferito al sistema una struttura solida soffice, catturando fra le sue maglie le molecole d’acqua.
Scaldandosi, i granuli di amido permettono all’acqua di penetrare all’interno, liberando contemporaneamente l’amilosio, un polimero composto da moltissime molecole di glucosio, che contribuisce alla formazione del gel. La gelificazione inizia attorno ai 60 ºC.
Continuando a scaldare la viscosità del succo aumenterà sempre più, sino a raggiungere un massimo attorno ai 90 ºC.
Con questo principio è possibile preparare qualsiasi tipo di gelatina; potremo avere delle gelatine dolci, usando, per esempio, succo di frutta o caffè zuccherato ma anche salate facendo magari degli “gnocchi” un po’ particolari.
Nel post pubblicato sul mio blog ho riportato anche la linkografia, qui non la riporto in quanto si tratta di siti non vegani.
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Renata Balducci, presidente di Associazione Vegani Italiani e fondatrice di Veganblog
Che bello…hai provato con altri frutti?be mi piace, ci sono pochi ingredienti
La seconda parte ho cominciato a leggerla…ma alla domanda come classificare la gelatina mi sono risposta che certe cose è meglio non saperle 🙂 Mannaggia pure i disegnini… io devo ancora capire come sono riuscita ad avere 6 di chimica…
🙂
hai fatto bene!
Quella parte è davvero noiosa (ma vi ho avvertiti).
beh più che altro per me è arabo. ma di sicuro qualcuno leggendo capirà!
@ Francesco, non mi piace granché la gelatina ma potrei ricredermi sicuramente, se me ne mandi una porzioncina spolverizzata di pistacchi tritati e cioccolato, grazie.
🙂
@ Tecla: anche io sono arrivata lì, ma poi ho mollato il colpo, di sicuro sarà istruttivo, ma io non riesco ad andare avanti a leggere…
😉
Meno male che non avete approfondito, avevo scritto la formula bruta sbagliata (copiata da wikipedia), meno male che l’esperta di chimica ce l’ho in casa!
Ora è corretta.
@ Tecla: non ho ancora provato con altri frutti ma voglio provarci senz’altro.
@ Eleonora: l’ho già finito, la prossima mandata te ne mando un po’ (con pistacchi e cioccolata, ovviamente).
FRancy, sei sempre più bravo…se andiamo in Giappone, sarai tu il cuoc e fotografo ufficiale!!!!!
A me la divagazione è piaciuta un sacco!
Stupenda e magari la provo per fare una sorpresa a M. 🙂
Per la divagazione … ho fatto un salto indietro di almeno 22 anni, adoro la chimica organica, mentre leggevo già mi figuravo tutti i legami, poi ci ha messo anche le immagini… grazie, mi hai fatto sentire più giovane 😉
Grazie Francesco, l’attendo…
😉
questa è arte!
questo sì che è un signor scatto.
ed una signora ricetta.
ps.: per quanto concerne la “cucina molecolare” avrei anche qui molto (ma mooolto) da discutere. ma visto che ho già fatto uno dei miei sermoni sullo zen ed il sushi, direi che te lo risparmio, eheheh. giusto perchè questo “gelo” mi fa girar la testa!
@ Nicole: la cucina molecolare (se così vogliamo chiamarla) mi interessa (come ho detto nel post) “non per inventare un nuovo modo di cucinare, ma per comprendere meglio i fenomeni fisico chimici che avvengono durante la preparazione dei piatti, di spiegarli scientificamente, e di sfruttare queste conoscenze per migliorare la qualità delle preparazioni”.
Detto questo, mi interesserebbe molto la tua opinione (anche se fosse un “sermone”).
Bellissima questa gelatina, e interessanti le notizie di chimica molecolare, è vero un po’ noiose, ma a me piace leggere tutto anche se non ho mai studiato chimica le ho trovate molto interessanti, grazie Francesco 😛