Ntâ cucina siciliana lu maccu è na minestra tradizziunali fatta cu favi sicchi spicchiati. Il “maccu di fave” è una ricetta sicula a base di fave secche. Il termine “maccu”, dal latino “maccare” ossia schiacciare, tritare, indica un piatto povero, antesignano di tutte le polente preparate con diverse sostanze farinacee. Si preparava con diversi legumi, castagne e, non ultimo, il grano (è da qui che secondo alcuni trae origine il nome “maccherone”).
Ingredienti (per 2 persone):
250 g di fave secche (ammollate per circa 10 ore)
olio evo
sale, pepe nero
Procedimento:
Dopo avere ammollato le fave in acqua per almeno 8 ore, metterle in pentola a pressione e ricoprire abbondantemente di acqua. Far cuocere (a partire dal sibilo) per 30 minuti. A cottura ultimata scolare le fave e passarle al mixer per ridurle in purea. A questo punto aggiungere un pò di acqua di cottura per raggiungere la consistenza desiderata, condire con ottimo olio evo, sale e abbondante pepe nero; a piacere potete arricchire la crema di fave con finocchietto selvatico sbollentato oppure bietole cotte a parte, pasta o crostini, Vero parmigiano vegano. Questo era uno dei piatti preferiti di mia nonna, tramandato da lei e adesso presentato a tutti voi!
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Renata Balducci, presidente di Associazione Vegani Italiani e fondatrice di Veganblog
Me la mangerei pure adesso!!!!!!!!! P.S. ma come hai fatto a mettere il link del VPV???
L’ho copiato con il mouse da un’altra ricetta e poi incollato sulla mia!
Ciccina che meraviglia, lo avrei mangiato anche a colazione!!!
Buoneeeeeeeeeeeeee………..ma qui dove lo trovo il finocchietto selvatico 🙁 Se penso alle erbe che si trovano in Sicilia in questo momento!
@Chicca: viene ottimo anche senza aggiungere nulla, io ho messo le bietole e la pasta per un pasto completo e perchè sprovvista di finocchietto, ma ti assicuro che la ricetta originale solo con olio sale e pepe nero è fantastica!
che buone le fave!!!!!!!!!! io non posso mangiarle, perchè il mio compagno soffre di favismo…
Mio padre (che non e’ veg per niente XD) me lo dice sempre “chi bbona a pasta ‘cco maccu!” ma io… non posso farci nulla, non sopporto proprio l’odore delle fave cotte 🙁 poi magari il sapore e’ buono, ma l’odore non riesco a farmelo piacere 🙁
In compenso ho fatto pace con i ceci 😀
E’ vero fra un pò arrivano le fave…buoooone!
Mamma mia che bontààààààààààààà! Me la mangerei stasera bella calda, visto che oggi qui grandine come non avevo mai visto! Altro che piatti primaverili!
@Ciccina questa cucina siciliana più ispira sempre di più grazie a te!!! Già ero sulla buona strada da sola.. ma adesso con le tue ricette… owowow!
🙂
Grazie
E’ una vera meraviglia! lo mangio da quando ero bambina.
Sono siciliana anch’io!!!
visto il mio trauma infantile, per superare la mia avversione per le fave credo che dovrei ricominciare proprio da qui..ci penserò..
Maccu e pasta grossa l’inchinu l’ossa. Non scordate l’olio extra vergine d’oliva. Ciao a tutti
Ciao Ciccina! E’ un sacco che non ti si legge..che fine hai fatto? Ti lascio un commento qui perché vorrei un po’ di info da parte tua sulle fave sicule. Mi manderesti la tua mail? Dovresti vedere la mia direttamente nell’avviso di posta elettronica..Grazie, baci Anna
U maccu!! Oddio oddio, sarò io adesso a dovermi trattenere dal farne! (parrimi soggira, ‘ntennimi nora)
Giusto in questi due mesi ho lavorato ad un intenso approfondimento sulla cucina di questa bellissima isola. Senza nulla togliere alle versioni rimodernate quindi più sbrigative la tradizione siciliana richiede usualmente cotture lunghe a temperature basse per questo genere di preparazioni; ogni provinicia reclamerà la sua versione, con o senza soffritto, più o meno asciutto, ma ‘u maccu richiederà sempre una cottura lenta durante la quale le fave vengono ridotte in purea dal solo rimestare, portando quindi a completa cottura tutti gli amidi. Infatti, secondo alcuni (per lo più in provincia di Ragusa se non ricordo male), il buon maccu, una volta freddo, può essere tagliato a fette (come la polenta o la panissa), fenomeno possibile appunto solo a totale cottura degli amidi.
All’altro estremo del fronte dei legumi ricordo invece il detto secondo il quale “a fasola riminata nn’è cchiù bbona”, i fagioli rimestati non son più buoni, proprio perchè rotti; ma il rimando è ben altra storia.
Scusate la prolissità, ho creduto potesse essere interessante.
Una buona giornata a tutti, Matt